Sono un amministratore di condominio e sto valutando di avviare interventi edilizi nel 2026, non essendo rientrati nel regime del Superbonus per varie vicissitudini. Ho sentito parlare del Conto Termico 3.0, recentemente approvato, che permetterebbe di dimezzare i costi degli impianti e che copre anche le spese tecniche. È vero? E vale anche per i condomini?

L’esperto risponde

Il Conto Termico 3.0, approvato con il Decreto 7 agosto 2025 del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 224 del 26 settembre), entrerà in vigore il 25 dicembre 2025 e rappresenta l’evoluzione naturale del Conto Termico 2.0, che resterà valido fino a quella data.

Il decreto, gestito dal GSE, introduce un plafond annuo di 900 milioni di euro, di cui 500 destinati ai soggetti privati e 400 alle pubbliche amministrazioni, con l’obiettivo di rendere più semplice e veloce la transizione verso impianti efficienti e fonti rinnovabili.

L’aspetto interessante è che il residenziale privato (e dunque anche i condomini) rientra nel perimetro dello strumento, con la possibilità di accedere agli incentivi per la sostituzione dei vecchi generatori di calore, impianti a biomassa certificata o solare termico. In questo modo, anche il proprietario della “caldaia di casa” può ottenere un contributo diretto a fondo perduto che, nella maggior parte dei casi, copre fino al 65% delle spese ammissibili, comprese quelle per le attività tecniche e professionali. È un incentivo concreto, non una detrazione fiscale differita, e viene erogato direttamente dal GSE: in un’unica rata se l’importo non supera i 15.000 euro, oppure in più rate annuali fino a cinque anni.

Il principio su cui si basa la misura è quello di sostenere la sostituzione dei generatori obsoleti con tecnologie più efficienti, premiando le soluzioni a basse emissioni.

Cosa significa “dimezzare i costi” e come si interfaccia con i bonus edilizi

L’espressione “dimezzare i costi”, che circola nella comunicazione divulgativa e che ha intercettato il gentile lettore, trova fondamento nel fatto che, per molti interventi residenziali, il contributo effettivo può arrivare a coprire fino al 65% della spesa, lasciando al cittadino una quota residua di poco più di un terzo. È una proporzione che rende il Conto Termico un’alternativa reale ai bonus fiscali, soprattutto ora che, nel 2026, gli incentivi ordinari — come Bonus Casa ed Ecobonus — resteranno con aliquote ridotte al 36% e 50%, salvo correttivi della legge di bilancio. Il vantaggio principale del Conto Termico è che non dipende dalla capienza fiscale né dalla possibilità di cedere il credito, ma consiste in un rimborso diretto e certo, che riduce fin da subito l’esborso del committente.

In termini pratici, per un intervento del valore complessivo di 12.000 euro per la sostituzione di una caldaia tradizionale con una pompa di calore aria-acqua e un piccolo impianto solare termico, l’incentivo può arrivare fino a circa 7.800 euro, lasciando al proprietario una spesa effettiva inferiore a 5.000 euro. Si tratta di un contributo che include anche le spese tecniche (diagnosi, progettazione, APE, dichiarazioni di conformità) e che viene liquidato in tempi molto più brevi rispetto alle detrazioni fiscali. Dal punto di vista della compatibilità, il Conto Termico non può essere “cumulato”, a determinate condizioni, con altre agevolazioni statali sullo stesso fabbricato e nell’ambito del medesimo intervento. Questa flessibilità lo rende interessante soprattutto nei condomìni, dove è possibile utilizzare strumenti diversi per diverse categorie di spesa: per esempio, il Conto Termico sugli impianti termici e le detrazioni fiscali sull’involucro edilizio.

Dal punto di vista operativo, il nuovo decreto semplifica l’iter amministrativo: le richieste dovranno essere inoltrate attraverso il portale GSE aggiornato, con regole applicative che saranno pubblicate entro sessanta giorni dall’entrata in vigore. La verifica dei requisiti tecnici e documentali resterà rigorosa, ma più chiara rispetto al passato, anche grazie all’allineamento con le certificazioni ambientali e con i nuovi massimali di costo adeguati al mercato.

Opportunità e prospettive per il 2026

L’introduzione del Conto Termico 3.0 avviene in una fase in cui il mercato edilizio ha bisogno di certezze dopo la corsa e il successivo rallentamento del Superbonus. L’assenza di strumenti finanziari complessi come la cessione del credito o lo sconto in fattura riporta la programmazione degli interventi su basi più semplici, incentrate sul rapporto diretto tra committente, tecnico e Gestore dei Servizi Energetici. In questo contesto, il Conto Termico può diventare un tassello fondamentale per garantire la fattibilità economica degli interventi di riqualificazione energetica, specialmente in ambito condominiale.

Rispetto alle detrazioni, la misura si distingue per la sua rapidità e certezza: i tempi medi di erogazione si misurano in mesi e non in anni, e non richiedono operazioni finanziarie complesse. Inoltre, la possibilità di integrare pompe di calore con sistemi fotovoltaici e infrastrutture di ricarica favorisce l’adozione di modelli di edificio “full electric”, con benefici non solo in termini ambientali ma anche di riduzione della dipendenza energetica.

Naturalmente, non mancano alcune criticità, come ad esempio la necessità di aggiornare i massimali di costo alle dinamiche di mercato e l’attesa delle nuove regole operative che ne definiranno i dettagli applicativi. Tuttavia, per chi progetta interventi da realizzare nel 2026, valutare oggi il Conto Termico 3.0 significa pianificare con anticipo e beneficiare di un quadro normativo più stabile. Per molti condomìni che non hanno potuto sfruttare il Superbonus, questa misura può rappresentare una seconda occasione per procedere con lavori di efficientamento mirati, più sostenibili e finanziariamente equilibrati.

In sintesi, il Conto Termico 3.0 non è solo un incentivo, ma uno strumento di politica energetica concreta, che mette al centro il progetto e la capacità di integrare soluzioni tecniche con strumenti economici. Dimezza davvero i costi? Nella pratica, , perché consente di abbattere fino al 65% dell’investimento, riducendo i tempi di rientro e offrendo la possibilità di affiancarlo ai bonus edilizi ordinari. Per chi amministra condomìni o pianifica riqualificazioni nel 2026, è il momento di considerarlo come parte integrante della strategia finanziaria di intervento.