Conto Termico: il GSE può rideterminare gli incentivi a distanza di anni
Ma il TAR Lazio chiarisce che la revisione postuma deve rispettare tempi, motivazioni e prove concrete.
Il tema della rideterminazione degli incentivi da parte del GSE continua a generare contenziosi e incertezze tra operatori e beneficiari delle misure di sostegno energetico.
Può accadere infatti che, a distanza di anni dall’ammissione di un impianto o di un intervento, il Gestore effettui controlli documentali o in loco e, all’esito, decida di ridurre l’incentivo riconosciuto.
Ma fino a che punto è possibile farlo? E quali sono i confini di questo potere?
Conto Termico e rideterminazione incentivi dal GSE: il TAR chiarisce i limiti
A dare risposta a queste domande è intervenuta la sentenza n. 13508 del 9 luglio 2025 del TAR Lazio, che ha ribadito un concetto chiave: il GSE può riesaminare le posizioni incentivate anche dopo l’ammissione, ma solo nei limiti e con le garanzie previste per l’autotutela amministrativa.
Un principio di diritto applicato al Conto termico 2.0 (di cui al DM16/02/2016), che deve essere tenuto in considerazione anche per il nuovo Conto termico 3.0, prossimo all’entrata in vigore.
Controlli successivi sì, ma non illimitati nel tempo
Il caso esaminato riguarda la riduzione, disposta a seguito di un controllo, della tariffa incentivante originariamente riconosciuta a un soggetto responsabile nell’ambito di un regime di sostegno alle fonti rinnovabili.
Il Gestore, a distanza di diversi anni dalla concessione, aveva rideterminato l’incentivo applicando una decurtazione percentuale sulla base di un proprio regolamento interno, emanato molto tempo dopo l’ammissione.
Il TAR ha chiarito che tale operazione non può essere considerata un semplice “ricalcolo tecnico”, ma costituisce un vero e proprio provvedimento di autotutela.
Ciò significa che la revisione è ammessa solo se ricorrono i presupposti previsti dall’art. 21-novies della legge 241/1990, cioè:
- un termine ragionevole per l’esercizio del potere di riesame;
- la presenza di un interesse pubblico concreto e attuale;
- la prova effettiva di errori o violazioni sostanziali.
Nel caso esaminato, il giudice ha rilevato che erano trascorsi oltre tre anni tra l’avvio del procedimento di verifica e la sua conclusione, configurando una violazione del principio di tempestività e rendendo illegittimo il provvedimento finale.
Il TAR: la rideterminazione è un atto di autotutela, non un potere autonomo
Secondo il Collegio, la disciplina dei controlli prevista dall’art. 42 del D.Lgs. 28/2011 e dal D.M. 31 gennaio 2014 non attribuisce al GSE un potere di rideterminazione autonomo o svincolato dai limiti dell’autotutela.
La sentenza sottolinea che “le verifiche e i controlli espletati dal Gestore sono riconducibili al paradigma dell’autotutela, non potendo la rideterminazione della tariffa costituire un tertium genus sottratto alle regole generali dell’art. 21-novies”.
Tradotto: il GSE può certamente verificare la corretta esecuzione degli interventi e la veridicità delle dichiarazioni rese, ma non può rimettere in discussione in modo generalizzato e illimitato provvedimenti già consolidati nel tempo.
Diversamente, verrebbe compromesso il principio di legittimo affidamento tutelato anche a livello europeo e fondamentale per la stabilità degli investimenti nel settore energetico.
L’onere della prova resta a carico del Gestore
Un altro passaggio rilevante riguarda il tema probatorio. Il TAR ribadisce che è il GSE a dover dimostrare la sussistenza delle irregolarità, non il beneficiario a dover provare la propria innocenza.
Le conclusioni del controllo devono poggiare su elementi effettivi, solidi e verificati, non su mere ipotesi o ricostruzioni logiche.
Il Collegio precisa che, se la documentazione originaria è completa e coerente – ad esempio le comunicazioni di fine lavori o le dichiarazioni dei tecnici – l’Amministrazione non può pretendere nuove prove a distanza di anni, salvo che dimostri l’esistenza di falsità o vizi sostanziali nelle attestazioni.
Un quadro documentale regolare non può essere “messo in discussione ex post” con richieste istruttorie tardive o con valutazioni discrezionali non motivate.
Legittimo affidamento e certezza del diritto
Il principio affermato dal TAR è destinato a incidere su molte situazioni analoghe, in particolare nei settori del Conto Termico e dei Conti Energia, dove il GSE effettua verifiche periodiche a distanza di tempo.
Il giudice ricorda che il potere di controllo deve essere esercitato in modo proporzionato e ragionevole, evitando di minare la certezza dei rapporti giuridici.
In motivazione si legge che una revisione indiscriminata delle posizioni incentivate “si porrebbe in contrasto con il legittimo affidamento e la fiducia degli investitori”, valori espressamente richiamati dalla Direttiva 2009/28/CE e dalla giurisprudenza europea.
La tutela dell’interesse pubblico alla correttezza dei regimi di sostegno, dunque, non può tradursi in un continuo rischio di revisione retroattiva per gli operatori.
Una lezione per il futuro dei controlli sugli incentivi
La decisione del TAR Lazio non nega il potere del GSE di verificare, ma ne circoscrive con precisione i limiti, stabilendo che essi devono essere svolti con metodo, prove e tempi certi.
La gestione degli incentivi pubblici richiede equilibrio tra la necessità di contrastare abusi e quella di garantire stabilità a chi ha investito nel rispetto delle regole.
Per i professionisti e le imprese del settore, la lezione è duplice:
- da un lato, mantenere una documentazione tecnica completa e ordinata, utile anche a distanza di anni;
- dall’altro, pretendere trasparenza e motivazioni puntuali in caso di riesame da parte del Gestore.
La certezza del diritto resta la base su cui si costruisce la fiducia negli strumenti di sostegno alla transizione energetica.
E la sentenza lo ricorda con chiarezza: il GSE può intervenire anche dopo l’ammissione, ma solo nel rispetto delle regole dell’autotutela e del legittimo affidamento.