Sono stato nominato perito di parte dal proprietario di un edificio condominiale (composto da 10 unità immobiliari) che è stato oggetto di lavori agevolati con Superbonus. Il motivo del contendere è legato al fatto che i lavori hanno previsto la realizzazione del cappotto con totale variazione del colore esterno dell’edificio, da bianco a giallo. In assemblea, il mio cliente (insieme ad altri 5 condomini, totale 6) si è opposto a tale intervento, votando contrariamente, mentre gli altri quattro proprietari hanno espresso voto positivo, e così i lavori sono stati eseguiti, purtroppo male.

Ora il mio incarico consiste nel trovare elementi per contestare l’operato del condominio, in particolare la realizzazione di simili interventi, per permettere di avanzare una richiesta danni. Vorrei conoscere l’autorevole parere dell’ing. Angeli, in merito alla regolarità del cambio di colore della palazzina effettuato con una maggioranza pari a quella minima prevista dal Decreto Rilancio.

A mio avviso sarebbe servita l’unanimità, ma non trovo elementi utili per prendere una posizione con sufficiente tranquillità.

L’Esperto risponde

Quando si delibera l’esecuzione di interventi edilizi nell’ambito delle assemblee condominiali, è normale che la compagine si divida. D’altronde, è difficile – se non impossibile – essere tutti d’accordo. Quando ci sono in gioco i bonus edilizi, soprattutto il Superbonus, la questione si fa ancor più delicata, considerando che in condominio l’esecuzione di interventi edilizi è lecita solo se la volontà collettiva condominiale è stata espressa in una deliberazione valida secondo le maggioranze di legge.

Ed è proprio per questo motivo che il legislatore ha previsto una maggioranza “alleggerita” per deliberare i lavori agevolabili con la maxi-detrazione, in modo tale da snellire eccezionalmente il processo di deliberazione in condominio e velocizzare gli step.

Tale disciplina, però, incontra un limite importante, che potrebbe ricorrere nel caso descritto dal gentile lettore, relativo cioè al decoro architettonico. Infatti, l’art. 1120 c.c., ultimo comma, vieta esplicitamente qualsiasi intervento che alteri il decoro architettonico del fabbricato se ciò reca pregiudizio “anche a un solo condomino”.

Non è possibile, nel caso specifico, stabilire se variare il colore della facciata esterna rappresenti automaticamente un’alterazione di detto decoro, ma ripercorrere l’orientamento della giurisprudenza può aiutare il perito a reperire elementi utili per contestare i lavori realizzati. Ciò proprio sulla base di tale limite civilistico alla libertà decisionale “a maggioranza” dell’assemblea condominiale.

Il decoro architettonico

La nozione di “decoro architettonico” è stata oggetto di definizione puntuale da parte della giurisprudenza di legittimità. In particolare, la Cassazione lo inquadra come “l’estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell’edificio, nonché all’edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico” (principio rilevabile, tra le altre, nelle sentenze nn. 18928/2020, 1286/2010, 8731/1998, 6496/1995).

Quando viene alterato?

Come anticipato, l’assemblea non può decidere di effettuare lavori che “alterino” detto decoro, se non all’unanimità, cosicché ogni qual volta ciò avvenga, ogni condòmino può opporsi e richiedere il ripristino delle caratteristiche originarie (Cassazione, sentenza n. 851/2007).

Il gentile lettore dovrà dunque interrogarsi se, nel caso del suo cliente, la variazione del colore esterno dello stabile da bianco a giallo possa rappresentare un’alterazione, considerando che questa può essere integrata “da qualunque intervento che alteri in modo visibile e significativo la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono all’edificio una sua propria specifica identità” (Cassazione, sentenza n. 14455/2009).

Le maggioranze Superbonus non rilevano

Infine, nonostante il DL 34/2020 preveda al suo art. 119, co. 9-bis, una forte riduzione della maggioranza necessaria per approvare l’esecuzione di lavori Superbonus, dando il potere al 34% dei condòmini di decidere sugli interventi anche se il 66% della compagine è contraria, ciò non sembra poter rappresentare una deroga alla regola civilistica del divieto di alterazione del decoro architettonico.

Infatti, il fine del miglioramento dell’efficienza energetica del fabbricato è limitato, così come per qualsiasi altro intervento edilizio, proprio dall’impossibilità di alterare il decoro, come affermato nell’ordinanza n. 10371/2021 della Cassazione.

In tema specifico di Superbonus, la giurisprudenza non è ancora abbastanza matura, e purtroppo tanti casi simili a quello descritto dal lettore finiranno presto nelle aule di giustizia. Tuttavia, nel 2021 il Tribunale di Milano ha emanato l’ordinanza n. 35338/2021, con la quale ha ritenuto illecita l’istallazione del cappotto termico da parte di un condominio che ha agevolato l’intervento con Superbonus, proprio perché i lavori alteravano il decoro architettonico dello stabile, rendendosi così necessaria una deliberazione unanime in assemblea, senza che trovino applicazione le maggioranze semplificate del DL 34/2020.