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Superbonus 110%: nelle bifamiliari serve sempre l’unanimità?

Superbonus 110% bifamiliari

Mentre in Parlamento si discute la possibilità di concedere più tempo alle unifamiliari, è chiaro che l’argomento di punta quando si parla di superbonus 110% sono gli interventi sulle “parti comuni” di edifici in condominio o assimilabili a tali.

Superbonus 110% e plurifamiliari

L’art. 119, comma 9-bis del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) ha previsto una “maggioranza semplificata” per l’approvazione degli interventi di superbonus in condominio. In particolare, in deroga alle procedure ordinarie previste dal Codice Civile, la delibera di condominio per l’approvazione di lavori di 110% è valida con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio. Una semplificazione voluta per accelerare e semplificare i processi di approvazione degli interventi di superbonus 110% nei condomini.
Due anni di applicazione della norma hanno chiarito che anche gli edifici plurifamiliari, come le bifamiliari quando hanno parti in comune, possono essere trattati con le stesse peculiarità dei condomini. Ad esempio, l’orizzonte temporale per fare degli interventi di superbonus 110% in una semplice bifamiliare è lo stesso dei condomini.

Bifamiliari e approvazione interventi: la domanda all’Esperto risponde

Restando sulle bifamiliari, il ragionamento fatto per l’orizzonte temporale potrebbe essere applicato anche per quel che riguarda l’approvazione degli interventi? Rispondiamo a questa domanda riportandone una analoga arrivata da Filippo G.:
Sono proprietario di una unità immobiliare facente parte di un mini condominio composto da due appartamenti indipendenti. Vorrei effettuare una ristrutturazione edilizia con rifacimento della copertura beneficiando del Superbonus, ma l’altro proprietario non vuole firmare l’atto di consenso che gli ha sottoposto il mio tecnico. Siccome la quota di mia proprietà rappresenta i 600/1000 vorrei sapere se è sufficiente il mio voto favorevole per autorizzare i lavori, rappresentando più della metà del valore dell’edificio. Vorrei inoltre sapere quali formalismi vanno attuati per non avere problemi in futuro.
Ne ho parlato in questo articolo.

Bifamiliari e approvazione interventi: l’Esperto risponde

Il comma 9-bis dell’art. 119 del DM 34/2020 afferma che “Le deliberazioni dell’assemblea del condominio aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di cui al presente articolo … sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio”.
Tuttavia nel caso sottoposto dal gentile lettore, nonostante la quota di proprietà del condòmino interessato a svolgere i lavori risulti maggioritaria, la risposta al quesito è negativa, ovvero non sono sufficienti i 600/1000 per legittimare i lavori.

Lo strano caso del condomìnio formato da solo due unità immobiliari

Se il numero dei condòmini è pari a due, non sarà mai possibile, sotto il profilo dell’elemento personale, formare una maggioranza qualora uno intenda non prestare il proprio voto favorevole ai lavori. Ne deriva che, nel particolare caso delle bifamiliari, occorre sempre una decisione unanime per autorizzare le opere di ristrutturazione delle parti comuni.
Laddove non sia possibile raggiungere l’unanimità l’unico modo è rivolgersi al Giudice. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione, la num. 25558 del 12/11/2020, in base alla quale, se il numero dei condòmini è pari a due non sono applicabili le regole ordinarie e il condominio può proseguire nella sua ordinata gestione soltanto ove vi sia concordia tra i condòmini e, quindi, unanimità di decisioni (“allorquando i condomini legittimati a partecipare ed a votare nell’assemblea siano soltanto due e manchi la unanimità … l’unica strada percorribile per deliberare è quella del ricorso alla autorità giudiziaria, come previsto ai sensi del collegato disposto degli artt. 1105 e 1139 c.c.”).
In altre parole significa che il voto di ciascun condòmino deve essere conteggiato singolarmente e non in base all’entità dei diritti vantati sull’edificio.

Come fare la delibera che autorizza i lavori

La circolare n. 24/E del 2020 ha stabilito che “In presenza di un “condominio minimo”, ovvero di edificio composto da un numero non superiore a otto condomini, risultano comunque applicabili le norme civilistiche sul condominio, fatta eccezione degli articoli che disciplinano, rispettivamente, la nomina dell’amministratore e il regolamento di condominio”.
L’applicazione delle norme sul condominio impone che l’assemblea che decide sui lavori sia regolarmente convocata, con le modalità e i termini di cui all’art. 66 disp. att. c.c., con la specifica indicazione delle modalità di svolgimento, del luogo e, soprattutto, dell’ordine del giorno. La convocazione deve essere dunque notificata a entrambi i condòmini da uno di essi e sono sempre impugnabili eventuali autorizzazioni allo svolgimento dei lavori redatte in modo informale al di fuori della sede assembleare, tranne nei casi di urgenza.
Questo principio è stato chiaramente espresso nella sentenza della Cassazione num. 8876 del 03/07/2000 “Nell’ipotesi di un condominio composto da due soli partecipanti (cd. Piccolo condominio) le spese necessarie alla conservazione o alla riparazione della cosa comune devono essere oggetto di regolare delibera, adottata previa rituale convocazione dell’assemblea dei condomini, della quale non costituisce valido equipollente il mero avvertimento o la mera comunicazione all’altro condomino della necessità di provvedere a determinati lavori. Il principio anzidetto può essere derogato solo se vi sono ragioni di particolare urgenza ovvero trascuratezza da parte degli altri comproprietari”.


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