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Sismabonus-acquisti: è un diritto o una concessione dell’impresa?: primi controlli dell’Agenzia delle Entrate e prime sentenze

Stop al superbonus

Come fare se l’impresa fa “orecchie da mercante” nonostante vi siano i presupposti per beneficiare della detrazione per l’acquisto di case antisismiche.

Le detrazioni fiscali “spettano” al contribuente-committente dei lavori. Ovviamente spettano se ricorrono tutte le condizioni oggettive e soggettive richieste dai decreti e dalla prassi.

La “spettanza” dei bonus edilizi

Il verbo utilizzato dal legislatore, nelle varie coniugazioni degli altrettanto numerosi provvedimenti che regolano l’accesso ai bonus, è proprio “spettare” che, nel dizionario della lingua italiana, significa “essere dovuto per diritto”.

Basta leggere (fra i tanti) l’art. 16, comma 1-bis, del D.L. n. 63/2013 il quale recita spetta una detrazione dall’imposta lorda nella misura del 50 per cento, fino ad un ammontare complessivo delle stesse spese non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare per ciascun anno”, oppure il più recente art. 119, comma 8-bis, del D.L. n. 34/2020 la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025, nella misura del 110 per cento per quelle sostenute entro il 31 dicembre 2023”.

È chiaro che si tratta di una spettanza di tipo “tecnico”, nel senso che la detrazione fiscale diviene concretamente fruibile (ovvero si trasforma in un diritto del contribuente-committente dei lavori) se e solo se, ad opera dello stesso, per tramite di professionisti che eseguono precise attività progettuali e di imprese che le realizzano, risultano rispettate tutte le richieste normative. Ad esempio, nel caso del Superbonus, spetta il 110-90% in chiave “eco” se l’edificio, a seguito degli interventi, ottiene un doppio salto di classe energetica.

Come funziona nel caso del Sismabonus-acquisti

L’articolo 16, comma 1-septies, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, con riferimento agli interventi di ristrutturazione edilizia ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3 realizzati mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici da imprese di costruzione o ristrutturazione che provvedono alla successiva alienazione dell’immobile, riconosce all’acquirente dell’unità immobiliare una detrazione nella misura del 75% (in caso di passaggio ad una classe di rischio inferiore) o dell’85% (in caso di passaggio a due classi di rischio inferiore) del prezzo di acquisto della singola unità immobiliare.

Il comma 1-septies testualmente afferma “le detrazioni dall’imposta di cui al primo e al secondo periodo del medesimo comma 1-quater spettano all’acquirente delle unità immobiliari”.

Quindi il legislatore sembrerebbe aver trattato allo stesso modo la “spettanza” del Sismabonus-acquisti con quella degli altri bonus edilizi.

Il problema è che, nel particolare caso dell’acquisto di case antisismiche, il committente dei lavori (ovvero l’impresa esecutrice-venditrice dell’immobile) è diverso dal soggetto a cui il comma 1-septies riconosce la “spettanza” (l’acquirente dell’unità immobiliare antisismica).

Un nodo normativo, dunque, che potrebbe prefigurare problemi sul piano giuridico.

Un caso pratico

Ipotizziamo che alcuni acquirenti di unità immobiliari antisismiche realizzate (e vendute) da un’impresa a seguito della demolizione di un edificio preesistente nell’ambito di un intervento di ristrutturazione edilizia, dopo aver sottoscritto un generico preliminare di compravendita, vengano a conoscenza dell’esistenza del Sismabonus-acquisti.

Ipotizziamo anche che l’impresa, in corso di costruzione, non abbia usufruito della medesima detrazione Sismabonus della quale, in linea teorica, avrebbe avuto prioritariamente diritto (trattandosi di ristrutturazione e non di nuova costruzione), magari perché non era stata presentata nei termini l’asseverazione (mod. B) di riduzione del rischio sismico.

È normale che gli acquirenti, presa consapevolezza della relativa facilità con cui potrebbero aver accesso, oggi, alla detrazione fiscale a loro riservata (pari a 81.600euro per ogni unità immobiliare), vadano a “bussar cassa” dall’impresa, chiedendo di essere messi in grado di accedervi.

Cosa che in realtà, almeno in teoria, appare semplice poiché si concretizza con tre semplici adempimenti:

  • la predisposizione del modulo B da parte del progettista strutturale
  • la predisposizione dei moduli B1 e B2 da parte del direttore dei lavori e del collaudatore
  • l’effettuazione – entro la data del rogito e comunque entro la prima dichiarazione dei redditi nella quale viene indicata la prima quota della detrazione – della remissione in bonis.

L’impresa venditrice (committente dei lavori), di fronte a questa legittima richiesta degli acquirenti, non avendo lei stessa beneficiato della medesima detrazione, potrebbe confermare la propria disponibilità, incaricando i professionisti di svolgere gli adempimenti di cui sopra. L’art. 3, comma 5 del D.M. n. 58/2017 prevede infatti che l’asseverazione… e le attestazioni…. sono… consegnate in copia al committente (ovvero all’impresa in questo caso), “per l’ottenimento dei benefici fiscali di cui all’articolo 16, comma 1-quater, del citato decreto-legge n. 63 del 2013”.

La stessa impresa, però, potrebbe fare “orecchie da mercante”, lasciando gli ingolositi acquirenti sospesi nel limbo della burocrazia.

Che interesse ha l’impresa a fare il Sismabonus-acquisti

L’impresa venditrice, di fatto, non ha un interesse diretto verso il Sismabonus-acquisti, trattandosi di una detrazione riservata esclusivamente agli acquirenti. Non ha nemmeno un obbligo esplicito.

A ben vedere un interesse, indiretto, l’impresa lo avrebbe sul piano commerciale poiché la disponibilità della detrazione rappresenta un plus che consente la vendita più rapida degli appartamenti e, forse, permette anche di spuntare un prezzo più alto.

Tuttavia, nel momento in cui il prezzo è già stato cristallizzato in un contratto preliminare, come nel caso dell’esempio, gli interessi economici dell’impresa si azzerano e, di conseguenza, è logico che tutto si complica.

Cosa possono fare, dunque, gli acquirenti, per non perdere gli 81.600 euro che, con pochi passaggi di carte, potrebbero concretizzare?

L’acquirente può “fare da solo”

Come è facile intuire si tratta di un buco normativo, rappresentato dal fatto che la spettanza di questa detrazione fiscale è riservata a soggetti (gli acquirenti) che non possiedono una legittimazione per poterla autonomamente ottenere, in quanto il committente dei lavori è rappresentato dalla ditta costruttrice-venditrice dell’immobile.

Viene un po’ in aiuto lo studio del Notariato n.27-2021/T che indica quanto segue:

“Se l’impresa intende usufruirne [della detrazione Sismabonus ndr] dovrà, nell’atto di compravendita dell’immobile oggetto di intervento, dichiarare che la detrazione non spetta all’acquirente. In realtà la non spettanza della detrazione in capo all’acquirente determina l’impossibilità di applicazione del comma 1-septies del DL 63/2013 e l’applicazione invece dei commi precedenti in capo all’impresa. Qualora, al contrario, l’impresa intenda far accedere l’acquirente al sismabonus acquisti dovrà del pari nell’atto di compravendita essere posta in evidenza questa scelta”.

I notai consigliano quindi di usare molta chiarezza in sede di redazione dell’atto di compravendita. A parere di chi scrive la stessa chiarezza dovrebbe essere usata anche nei contratti preliminari.

Nel caso in cui il preliminare non dica nulla di specifico in materia di detrazioni fiscali, gli acquirenti delle unità immobiliari a cui potrebbe spettare l’agevolazione, dopo aver chiesto dapprima in modo bonario e poi in modo formale all’impresa di adoperarsi, hanno due possibilità:

  1. intentare una azione giudiziaria contro l’impresa per “perdita di chance” (con tempistiche ed esiti incerti);
  2. fare da soli.

Come “fare da soli”

Le ragioni che possono portare l’impresa a non dar seguito alle richieste dei promissari acquirenti possono essere le più svariate, prima fra tutte la paura di trovarsi incastrata in un ulteriore pratica che potrebbe far slittare la data del rogito.

In tal caso i promissari acquirenti, dopo aver nominato un loro consulente esperto, potrebbero interpellare direttamente i professionisti originariamente individuati dall’impresa (progettista strutturale, direttore lavori e collaudatore), chiedendo loro la disponibilità di produrre le necessarie asseverazioni. Si, perché di fatto il committente dei lavori (l’impresa), in questa specifica fattispecie, non deve fare ne firmare nulla di concreto.

Il progettista e il direttore dei lavori, una volta verificata l’inesistenza di ragioni ostative di tipo contrattuale o deontologico con il loro originario committente (ovvero con l’impresa), potranno valutare di produrre gli incartamenti, e di consegnarli direttamente agli acquirenti-richiedenti (ora committenti di questa specifica attività) che, sempre con l’aiuto del loro consulente, potranno usarli per perfezionare la remissione in bonis e aprire la strada all’agevolazione in oggetto che, diversamente, rimarrebbe nelle casse dello Stato.

Qualora detti professionisti non si rendessero disponibili, svolte le opportune verifiche di carattere deontologico, si potrebbe persino valutare, dopo la chiusura dei lavori, il subentro di altri tecnici disposti ad asseverare la riduzione del rischio sismico.

Si tratta di una strada fino ad ora inesplorata, ma apparentemente plausibile sia sul piano procedurale sia su quello fiscale.

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