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Bonus edilizi e diritto di accesso agli atti: il Comune ritardatario può essere condannato

Bonus fiscali e visure catastali

È quanto risulta dalla pronuncia n. 5814/2022 del TAR Campania, che ha anche imposto all’Ente di pagare le spese di lite.

La ristrutturazione di un immobile non può più prescindere dal valutare la possibilità di accedere a qualche agevolazione fiscale a parziale o totale copertura del costo dei lavori.

Chi ha una casa, dunque, o chi fa parte di un condominio, si trova a dover considerare attentamente l’intricata normativa in materia, dovendo intrecciare tali operazioni con valutazioni di tipo edilizio. Per questo motivo, è sempre fondamentale partire con una richiesta al Comune di accesso agli atti relativi all’edificio, per accertare la regolarità urbanistica dello stesso e quindi per decidere il da farsi dal punto di vista progettuale.

Non bisogna infatti dimenticare che, in caso di irregolarità, il Comune può sempre fermare i lavori e, di conseguenza causare la decadenza dai benefici, con tanto di sanzioni.

L’accesso agli atti è un diritto del cittadino, ma cosa succede se l’Ente a cui è richiesto rimane inerte, non rispondendo entro i tempi previsti e necessari per procedere? Un condominio, ad esempio, potrebbe trovarsi nella situazione di non poter effettuare gli studi di fattibilità nei tempi più convenienti, e il problema risulta ancor più rilevante se si pensa a quanto i bonus edilizi siano legati a scadenze inderogabili, investite tra l’altro da continue modifiche da parte del legislatore.

È proprio questo il caso affrontato dal TAR Campania lo scorso 22 marzo, che ha deciso con la sentenza n. 5814/2022 di obbligare il Comune ritardatario a rilasciare gli atti richiesti da un condominio.

Cos’è l’accesso agli atti amministrativi?

La trasparenza è uno dei princìpi che regolano la pubblica amministrazione (legge 241/1990, art. 1). È importante infatti garantire che i cittadini possano entrare a conoscenza senza difficoltà delle informazioni che circolano sia all’interno che all’esterno del sistema amministrativo.

Per potere assicurare trasparenza, quindi, è previsto dall’art. 22 della legge 241/1990 il diritto di ognuno ad un’informazione qualificata, ad accedere ai documenti amministrativi e a conoscere lo stato dei procedimenti che lo riguardano.

Nel dettaglio, i documenti a cui il cittadino ha diritto di accedere sono definiti dalla norma come “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse”. Ognuno può esaminarli e richiederne una copia purché abbia un interesse giuridicamente rilevante.

Perché può servire accedere agli atti in caso di Superbonus?

Quando si fa un intervento edilizio è sempre opportuno effettuare preliminarmente l’accesso agli atti, anche se non più indispensabile nel caso di pratiche soggette a CILAS, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 77/2021 (Decreto Semplificazioni-bis) che ha stabilito la non necessità di attestazione dello stato legittimo dell’immobile (previsto dall’art. 9-bis, comma 1-bis del d.P.R. n. 380/2001).

È comunque conveniente e opportuno, perché resta salva la facoltà dell’Ente di effettuare controlli.

Il nuovo comma 13-quater aggiunto dal Decreto Semplificazioni all’art. 119 del Decreto Rilancio afferma infatti: “Fermo restando quanto previsto al comma 13-ter, resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento”, ricordando che la Corte di Cassazione ha più volte chiarito che qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell’attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato.

I tempi entro cui la p.a. deve consentire l’accesso e il caso di inerzia.

L’Ente pubblico ha a disposizione 30 giorni per accettare o rifiutare motivatamente la richiesta di accesso agli atti. La domanda, però, si intende respinta se l’amministrazione non risponde in alcun modo oltre i 30 giorni di tempo a lei concessi (caso di silenzio-rigetto).

Ciò non vuol dire, però, che ogni qual volta un Comune rimanga inerte il suo comportamento sia lecito.

Il cittadino, cioè, potrebbe davvero vantare il necessario interesse giuridico qualificato, e può farlo valere ricorrendo al TAR se il Comune non risponde.

È il caso trattato dalla citata sentenza n. 5814/2022 del TAR Campania, che a marzo scorso ha accolto il ricorso di un condominio che dopo “oltre 30 giorni” di silenzio da parte del Comune non è potuto accedere alla concessione edilizia relativa all’immobile, cosa che gli ha impedito di svolgere lo studio di fattibilità dei lavori con Superbonus.

Il tribunale, nel dettaglio, ha obbligato il Comune a concedere il documento, ritenendo l’interesse del condominio in questo caso “a) diretto, cioè a dire correlato alla sfera del soggetto richiedente; b) concreto, e quindi, specificamente finalizzato, in prospettiva conoscitiva, alla acquisizione di dati; c) attuale, cioè non meramente prospettico od eventuale […]; d) strumentale, avuto riguardo […] alla specifica connessione con i documenti materialmente idonei a veicolare le informazioni”, condannando l’Ente anche al pagamento delle spese di lite.

Se utile per valutare l’utilizzo di bonus edilizi, insomma, l’accesso agli atti non può essere negato, e il cittadino può con buona certezza ottenere che l’Ente pubblico sia costretto ad eseguirlo in caso di prolungata inerzia.

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