Mi sono imbattuto in una disavventura relativa a un cantiere Superbonus. Io e mia moglie siamo i committenti di lavori eseguiti su una villetta ristrutturata con sconto in fattura 110%. Siamo riusciti a concludere il cantiere, ma successivamente un consulente ha accertato un macroscopico errore nelle asseverazioni che, se intercettato dal Fisco, potrebbe far decadere il bonus, con tutto ciò che ne consegue.

Ci è stato detto però che, finché l’Agenzia delle Entrate non interviene, non possiamo fare nulla di concreto a nostra tutela – se non diffidare il professionista ed aspettare che avvenga un controllo, perché il “danno” ad oggi non si è concretizzato, nonostante l’errore.

Ci pare uno scenario apocalittico dover rimanere anni in sospeso, con la spada di Damocle di un controllo, per poi doverci rivalere nei confronti del tecnico. Siamo anziani e non vorremmo lasciare una simile eredità a nostro figlio.

L’esperto risponde

Il caso prospettato è tutt’altro che isolato. Con il passare del tempo, molti committenti che hanno realizzato interventi agevolati con Superbonus si sono trovati di fronte a irregolarità nelle asseverazioni tecniche o nelle pratiche fiscali, emersi per i più svariati motivi. In apparenza, sembrerebbe che — finché l’Agenzia delle Entrate non avvia un controllo o non notifica un provvedimento formale di recupero del credito — non vi sia alcuna possibilità di agire nei confronti dei professionisti che hanno commesso l’errore. In realtà, la questione è più articolata, e una risposta netta come quella che ha ricevuto il gentile lettore non tiene conto dell’evoluzione giurisprudenziale e delle forme di tutela oggi disponibili.

Il primo punto da chiarire riguarda la natura del danno. Quando un errore tecnico o documentale è tale da compromettere la legittimità del beneficio fiscale, il danno non consiste soltanto nell’eventuale revoca futura da parte dell’Amministrazione, ma già nella perdita della certezza e della stabilità del diritto acquisito. La giurisprudenza più recente – dalla Cassazione civile n. 24050/2023 al Tribunale di Rimini n. 1041/2024 – ha infatti riconosciuto che la perdita della possibilità concreta di mantenere un vantaggio economico costituisce un danno attuale, anche se la decadenza non è ancora stata formalmente dichiarata. Si tratta di un pregiudizio che nasce nel momento stesso in cui la posizione del contribuente diventa incerta e vulnerabile, e non soltanto quando si materializza la revoca del bonus.

Il danno già in essere e la tutela preventiva

Nel caso del lettore, quindi, il pregiudizio è già in essere. Le irregolarità nelle asseverazioni rappresentano un rischio reale, non ipotetico, poiché la normativa in materia di Superbonus (art. 119, comma 13-bis, D.L. 34/2020) prevede la decadenza automatica del beneficio in presenza di attestazioni infedeli. Ciò significa che il nesso tra condotta tecnica e danno è già identificabile, e la situazione di incertezza che ne deriva incide concretamente sul patrimonio del committente. Il danno infatti non si misura solo in termini economici, ma anche nella compromissione dell’affidamento legittimo, della serenità giuridica e della stabilità fiscale dell’intervento realizzato.

Affermare che “non si può fare nulla” equivale dunque a rinunciare a una forma di tutela che l’ordinamento, invece, riconosce e incoraggia. È vero che, in assenza di un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, non si può agire per ottenere un risarcimento immediato; ma ciò non significa che il committente debba restare inerte. Al contrario, è possibile e opportuno attivare strumenti di accertamento tecnico preventivo, capaci di fissare e documentare lo stato dei fatti prima che la situazione degeneri in un contenzioso fiscale ricorrendo se necessario all’istituto della cosiddetta “condanna generica”, ai sensi dell’art. 278 CPC.

Dalla diffida all’accertamento tecnico

L’intervento di un legale e di un consulente tecnico esperti nella materia è, in questi casi, inevitabile. Dopo aver notificato una diffida formale al professionista negligente per interrompere i termini di prescrizione e rendere nota la contestazione, il passo successivo potrebbe essere quello di promuovere una mediazione tecnica o, se necessario, un procedimento di accertamento tecnico preventivo ex art. 696-bis del Codice di procedura civile. Si tratta di percorsi differenti ma accomunati da un obiettivo: nominare un tecnico terzo e indipendente che, in contraddittorio tra le parti, verifichi la conformità delle pratiche alla normativa, individui la causa e la gravità dell’errore, e valuti l’effettiva possibilità di decadenza dal beneficio.

Questo tipo di accertamento non serve a ottenere subito un risarcimento, ma a cristallizzare la prova. Consente di mettere nero su bianco chi ha sbagliato, in cosa consiste la violazione e quale danno potenziale ne deriva. In tal modo, se e quando l’Agenzia dovesse realmente intervenire, il committente disporrà già di una perizia ufficiale, basata su valutazioni tecniche e giuridiche indipendenti, che potrà utilizzare per rivalersi in modo immediato e documentato nei confronti del professionista responsabile o della sua compagnia assicurativa. È, in altre parole, una forma di tutela preventiva, che permette di affrontare un rischio certo – anche se non ancora quantificato – con strumenti probatori solidi e non improvvisati.

Va aggiunto che l’accertamento tecnico preventivo (o la mediazione) ha anche una funzione conciliativa. Spesso, nel corso di questa fase, le parti trovano un terreno di dialogo, valutano con lucidità la portata degli errori e, talvolta, raggiungono accordi riparatori che evitano il giudizio vero e proprio. Inoltre, la documentazione prodotta in questa sede rappresenta un riferimento oggettivo anche per le compagnie assicurative, che necessitano di elementi tecnici per decidere sull’attivazione delle coperture professionali.

Agire subito per tutelarsi

In questi casi il committente deve agire tempestivamente, sia per dimostrare la propria buona fede, sia per evitare di subire passivamente l’esito di un eventuale controllo fiscale. È fondamentale arrivare preparati, con la certezza delle prove, delle responsabilità e della documentazione necessaria a sostenere la propria posizione.

In conclusione, affermare che “non si può fare nulla” è una semplificazione errata. In presenza di errori invalidanti, il danno esiste già nella sua forma più significativa: la perdita della certezza del beneficio fiscale e l’esposizione concreta al rischio di revoca. La tutela passa attraverso una diffida ben formulata e, soprattutto, mediante un accertamento tecnico – svolto in sede giudiziale o di mediazione – che consenta di fotografare la realtà dei fatti e di individuare con precisione le cause e i responsabili.

Solo così, nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate dovesse effettivamente intervenire, il committente potrà contare su una posizione chiara, documentata e tecnicamente fondata, trasformando un rischio potenziale in una difesa solida e immediatamente azionabile.