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Può il singolo condomino isolare le “proprie” pareti mediante cappotto interno o insufflaggio di materiali isolanti?

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Oppure c’è il rischio che un intervento autonomo arrechi danni agli appartamenti circostanti?

Il tema dell’efficientamento energetico degli edifici è diventato di primaria importanza, a causa dell’aumento vertiginoso dei costi dell’energia.

I bonus fiscali, il superbonus in particolare, hanno ancor più sensibilizzato i proprietari ad effettuare interventi volti a ridurre le dispersioni energetiche. Il più diffuso (e il più efficace) tra questi interventi è senza dubbio rappresentato dal cappotto termico applicato sul lato esterno delle pareti.

Non sempre però è possibile realizzarlo poiché, soprattutto nelle realtà condominiali più grandi, la posa del cappotto comporta una serie di inconvenienti che, a volte, non sono graditi alla maggioranza.

In tal caso il singolo condomino può valutare di coibentare autonomamente la propria unità immobiliare. Si tratta però di valutazioni tecniche che non devono esser fatte a cuor leggero poiché, a fronte del miglioramento delle prestazioni energetiche del proprio appartamento, possono essere arrecati danni a quelli limitrofi.

Le tecniche per isolare le singole unità immobiliari dall’interno

Sono molteplici le motivazioni che, sul piano tecnico, permettono di affermare che il cappotto realizzato sul lato esterno rappresenta la modalità di coibentazione più efficace ed anche meno dispendiosa in termini economici.

Tuttavia, in alcune situazioni, non è possibile realizzarlo, ad esempio quando si è in presenza di balconi poco profondi, la cui fruibilità può essere compromessa sottraendo lo spessore del materiale isolante, solitamente pari a 10-15cm.

In altri casi le problematiche possono essere legate al “decoro”, poiché il cappotto modifica visibilmente l’aspetto estetico del fabbricato e l’approvazione dell’intervento richiede l’ok assoluto da parte dell’assemblea (1000/1000).

Per i condòmini che, nonostante l’impossibilità di realizzare il cappotto nell’ambito di un intervento condominiale, non volessero rinunciare a ridurre le dispersioni energetiche delle loro unità immobiliari, ci sono alcune tecnologie alternative che, seppure meno efficaci, possono essere prese in considerazione.

La più diffusa prevede la realizzazione del cappotto sul lato interno delle pareti perimetrali, mediante una controparete coibentata (con pannelli di sughero o di polistirolo) che riduce i flussi di calore, ma determina – come inconveniente immediato – la riduzione della superficie netta calpestabile.

Per evitare questo problema, e qualora l’edificio sia realizzato con struttura a travi e pilastri in cemento armato con pareti di tamponamento in laterizio e camera d’aria interna (ovvero con uno spazio vuoto tra i forati posti sul lato interno e quelli posti sul lato esterno del pacchetto murario), può essere valutata anche la tecnica dell’insufflaggio di materiali isolanti nell’intercapedine.

Si tratta di materiali sciolti (di solito schiume poliuretaniche) che vengono iniettati in pressione e che, indurendo, realizzano uno strato isolante di elevato spessore (pari a quello dell’intercapedine).

L’una e l’altra tecnica risultano efficaci per ridurre la trasmittanza della parete ma, in talune condizioni, possono creare disequilibri termoigrometrici in corrispondenza degli incroci con i solai e degli spigoli verticali. Tale problematica ha come possibile conseguenza la formazione di muffe e annerimenti, sia nell’unità oggetto di intervento sia in quelle adiacenti.

I possibili rischi

Sia nel caso del cappotto interno, sia dell’insufflaggio, l’intervento può essere risolutivo oppure può innescare problematiche di natura termoigrometrica, a causa della inevitabile modifica dei flussi di calore in corrispondenza degli spesso già presenti “ponti termici”, con conseguente possibile formazione di muffe e annerimenti nelle unità immobiliari circostanti (e anche nella propria).

In particolare, nel caso dell’intervento di insufflaggio, occorre tener conto che il materiale iniettato andrà a occupare il vuoto presente da pilastro a pilastro, con l’ulteriore rischio di interessare porzioni di parete afferenti ad altre unità immobiliari.

In tal modo le unità circostanti, nel caso in cui la posizione dei pilastri non risulti corrispondente con la sagoma dell’unità immobiliare interessata dall’intervento, risulteranno coibentate solo in parte, con conseguenti squilibri termici in grado di perturbare il comfort abitativo interno.

Quali valutazioni occorre fare

Le pareti perimetrali degli edifici condominiali sono a tutti gli effetti “parti comuni” e pertanto qualunque modifica delle relative caratteristiche (morfologiche, dimensionali e, anche, termoigrometriche) deve essere approvata dall’assemblea condominiale.

Il singolo condòmino che esegua autonomamente un intervento, ad esempio, di insufflaggio delle pareti perimetrali che delimitano la propria unità immobiliare, rischia pertanto di essere chiamato a ripristinare lo stato dei luoghi.

Potrà inoltre essere ritenuto responsabile degli eventuali danni lamentabili dai proprietari delle unità immobiliari adiacenti (a destra, a sinistra, sopra e sotto) in caso di accentuazione degli effetti dovuti ai ponti termici (affioramento di muffe, condense, etc).

Prima di eseguire un intervento di coibentazione “dall’interno” il singolo condomino dovrà pertanto essere autorizzato dall’assemblea, sulla base di adeguate verifiche termoigrometriche.

In relazione all’estensione dei suddetti lavori di isolamento (diverso il caso in cui ad effettuarlo sia un solo condomino da quello in cui ad effettuarlo sia una quota importante dei condomini) un professionista dovrà inoltre valutare la necessità del deposito presso i competenti uffici di una pratica ex lege 10 e di una pratica edilizia, anche ai fini dell’accesso alle detrazioni fiscali (ecobonus 65%).

Il medesimo professionista dovrà inoltre verificare la compatibilità del peso del materiale isolante introdotto (non trascurabile nel caso di intercapedini di elevato spessore) con le caratteristiche strutturali dell’edificio, nonché gli effetti della spinta laterale del materiale utilizzato per l’insufflaggio, che potrebbe compromettere l’integrità delle preesistenti pareti presenti in opera, non sempre ben conservate.

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