Ho sottoscritto nel 2022 un contratto d’appalto per l’esecuzione di lavori agevolabili (in teoria) mediante Superbonus, con una ditta che, dopo aver incassato l’acconto e iniziato i lavori, ha abbandonato il cantiere.

Mi trovo così ad aver subito un danno per oltre 100.000 euro, dati dalla somma dell’acconto versato, pari a 20.000 euro, e dell’importo dei lavori non fatti, pari a 80.000.

Poco prima della scadenza del Superbonus 110% (31 dicembre 2023) ho scritto all’impresa una raccomandata, su consiglio del mio tecnico, comunicando la risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento e quantificando il danno suddetto. Inoltre, li ho avvisati che se entro pochi giorni non mi avessero rimborsato l’intera somma gli avrei fatto causa. Loro in risposta mi hanno scritto che il danno “non è assolutamente provato”.

Come posso fare per vedere riconosciuti i miei diritti?

L’esperto risponde: mancato superbonus

La spiacevole situazione in cui si trova il gentile lettore non è, purtroppo, così rara. In molti casi, vuoi per ragioni di liquidità vuoi per altri motivi, le imprese incaricate di realizzare gli interventi di efficientamento energetico o miglioramento sismico che possono accedere alla detrazione del Superbonus hanno abbandonato il cantiere. Il committente, così, non solo resta con opere a metà (magari già pagate) ma rischia di perdere la possibilità di beneficiare del Superbonus, soprattutto se ci si trova a ridosso delle date superate le quali la sua aliquota scende.

Nella delicatezza delle pratiche edilizie che prevedono l’accesso a detrazioni un ruolo cruciale è svolto infatti dall’impresa esecutrice, perché dal suo corretto adempimento non dipende solo la realizzazione delle opere a regola d’arte, ma anche la possibilità per il committente di ottenere effettivamente il risparmio fiscale sperato. Secondo logica, dunque, se l’impresa fa perdere un bonus, è innegabile che il proprietario dell’immobile subisca un danno, almeno in termini di perdita di chance.

Eppure, la situazione non è così semplice come ce la si potrebbe immaginare, e due recenti sentenze accendono i fari sulla necessità di provare dal punto di vista tecnico in che modo il comportamento dell’impresa ha comportato la perdita della detrazione, nonché l’ammontare dei danni subiti.

L’importanza di provare il danno

Effettivamente, l’impresa ammonita dal gentile lettore non ha tutti i torti. La sentenza n. 2266 emanata dal Tribunale di Padova il 15 novembre 2023, infatti, ha negato al proprietario di un immobile che si trovava in una situazione simile a quella descritta dal quesito il riconoscimento del risarcimento del danno consistente nell’aver perso il Superbonus a causa nell’inadempimento dell’impresa, e proprio per mancanza di prove.

Infatti, come già era emerso con la sentenza n. 1080 del Tribunale di Frosinone del 2 novembre 2023, nell’ambito dei principi che regolano la disciplina del danno nel nostro ordinamento è fondamentale che siano provati tutti gli elementi che lo costituiscono. Altrimenti, non vi è titolo per richiedere un risarcimento, ma si potrà solo ottenere il riversamento di quanto già versato, dato l’inadempimento dell’esecutore.

Nel dettaglio, il Tribunale di Padova si è espresso su un caso che ha visto il committente di alcuni lavori agevolabili con Superbonus chiamare in causa l’impresa edile incaricata di realizzarli, poiché questa non li ha portati a termine nei tempi previsti dal contratto d’appalto. Appurato che nei fatti si era verificato un grave inadempimento da parte della ditta, il giudice ha imposto a quest’ultima di riversare quanto già ricevuto a titolo di corrispettivo per le opere mai realizzate, dichiarando il contratto risolto ex art. 1453 cc. Purtroppo, però, l’attore non ha conseguito alcuna vittoria per quanto riguarda la richiesta di risarcimento del danno da perdita di Superbonus, che ha collegato causalmente allo scioglimento del contratto. Infatti, il Tribunale di Padova gli ha negato detto ristoro economico, poiché il committente “non ha dimostrato né l’impossibilità di reperire altre imprese costruttrici cui conferire l’incarico di tali lavori al fine di fruire delle agevolazioni fiscali del 110% nel rispetto dei termini via via prorogati per legge; né il collegamento causale tra inadempimento dell’appaltatrice e definitiva impossibilità di reperire tali altri imprese”.

Come fare

Insomma, i primi orientamenti giurisprudenziali in materia di perdita di agevolazioni edilizie per colpa di imprese “fuggitive” o ritardatarie, lasciano ben intendere che non è scontato che se l’impresa abbandona il cantiere allora questa sia tenuta a risarcire il danno (presunto) che il committente sostiene di aver subito. Ciò è avvalorato da un’ulteriore sentenza, la n. 1245 del 13 giugno 2023, ancora del Tribunale di Padova. Anche in questa vicenda giudiziaria, un committente ha ottenuto unicamente lo scioglimento del contratto d’appalto per grave inadempimento dell’impresa esecutrice, vedendosi così ritornare in tasca le somme già versate alla stessa. Similmente al caso poc’anzi illustrato, però, il danno per perdita del Superbonus non gli è stato riconosciuto. Nel dettaglio, il danno non è provato perché il proprietario dell’immobile “non ha dimostrato che se la convenuta avesse adempiuto alle obbligazioni a suo carico egli avrebbe avuto diritto al Superbonus” nonché “l’asserito risparmio energetico che egli avrebbe potuto conseguire”. Insomma, emerge da queste due pronunce una linea sempre più consolidata che vede il committente caricato della responsabilità di dimostrare molti elementi, tra i quali con buona probabilità anche il possesso dei requisiti di accesso al Superbonus, da un punto di vista sia tecnico che fiscale.

Tuttavia, la sentenza n. 1245/2023 del Tribunale di Padova ha anche il merito di ribadire che per quanto riguarda invece gli step necessari in aula di giustizia per ottenere lo scioglimento del contratto d’appalto per inadempimento, il committente è tenuto unicamente a “provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza […] mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento”.

Traducendo il tutto, insomma, in termini pratici, nel caso presentato dal gentile lettore, il committente che viene abbandonato in tal modo avrà poca difficoltà a provare in sede di giudizio l’inadempimento dell’impresa, poiché basterà allegare il contratto d’appalto, e per completezza le fatture che certificano le somme già versate all’impresa, nonchè le prove (anche solo fotografiche, come è avvenuto nel caso trattato a Padova) dello stato incompleto dei lavori. Così, egli avrà diritto a vedersi restituiti i 20.000 euro versati a titolo di acconto, come conseguenza della risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento.

Sarà molto più delicato, invece, provare di aver perso il Superbonus proprio a causa del comportamento dell’impresa. Così, prima di intentare una causa, il gentile lettore dovrà verificare, ad esempio, se effettivamente non potesse in alcun modo incaricare una nuova impresa. Magari (non è dato saperlo) ci ha provato, ma nessuna delle imprese contattate si è dichiarata disponibile, oppure i termini di scadenza dell’agevolazione erano talmente ravvicinati da non consentire di rivolgersi ad altri operatori in tempo per ottenere il bonus. Insomma, il diritto al risarcimento di un danno può esserci eccome, ma non deve essere lasciato al caso.

Il ruolo del professionista nel calcolo del danno

Un altro importante elemento che emerge da entrambe le pronunce del Tribunale di Padova riguarda la liquidazione dell’eventuale danno patito in seguito alla perdita del bonus per colpa dell’appaltatore inadempiente. Una volta provato, come appena illustrato, il nesso causale tra il mancato accesso alla detrazione e il comportamento dell’impresa, infatti, sarà onere dello sfortunato committente anche quantificare il danno in una somma specifica. Non esiste, infatti, un criterio giurisprudenziale per calcolare l’importo, e non è neanche sufficiente che il committente proponga una stima unilateralmente senza dati tecnici a supporto, neanche chiedendo la stima in via equitativa.

Nel dettaglio, un altro motivo per il quale il giudice di Padova nella sentenza n. 2266/2023 non ha condannato l’impresa a pagare i danni risiede nella “assenza di una perizia di parte che dettagli con precisione l’eventuale perdita economica derivante dalla fluttuazione dei prezzi e dei tassi di interesse genericamente ritenuti da parte attrice lievitati a causa della congiuntura economica creatasi”. E non solo, perché nel caso risolto dalla sentenza 1245/2023, il Tribunale di Padova spiega che il danno non può essere stimato dal committente neanche in via equitativa (vale a dire rimettendosi al prudente apprezzamento del giudice). Infatti, il giudice ha ritenuto che si può ricorrere a tale sistema solo a fronte di un “preventivo accertamento che l’impossibilità o l’estrema difficoltà di una stima esatta del danno dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l’entità”, cosa che non avviene nel caso di perdita del Superbonus, la cui stima è secondo il giudice “né impossibile né estremamente difficoltosa”.

In definitiva, la giurisprudenza è sicuramente poco matura sulla materia, ma ha già offerto un’indicazione precisa riguardo alla necessità di chiarire le modalità di calcolo del quantum del danno, compito che solo un professionista del settore può svolgere compiutamente.