Il Sismabonus ammette la remissione in bonis
La remissione in bonis permette di sanare l’omessa presentazione del modello B sulla riduzione dei rischi sismici, ma non di correggere gli errori in esso contenuti.
L’art. 2 ter, co. 1, lett. c) del DL 11/2023, convertito dalla legge 38/2023, ha introdotto la possibilità di ricorrere all’istituto della remissione in bonis per sanare l’omessa presentazione dell’asseverazione di riduzione del rischio sismico. Si tratta del modello B, quello che deve compilare il progettista delle opere strutturali con le modalità indicate nell’art. 3, co. 3 del DM 58/2017, attestando una serie di dati relativi al “tipo” di detrazione alla quale si vuole accedere e all’intervento edilizio da effettuare.
Una tale apertura ha effetti vantaggiosi sia per le persone fisiche, sia per i condomini, ma anche per le imprese, in quanto consente di “riesumare” tutti quei lavori per i quali, per un motivo o per un altro, non era stato presentato il modello B “prima dell’inizio dei lavori” e che, in alcuni casi, erano stati sospesi in attesa di tempi migliori.
L’Agenzia delle Entrate si era sempre espressa in modo rigoroso sulla mancata presentazione nei termini del modello B, ritenendola preclusiva per l’accesso al Sismabonus (si veda ad esempio interpello n. 554/2021), con conseguente perdita della possibilità di accedere alle molteplici forme di detrazione fiscale previste in caso di interventi che riducono il rischio sismico degli edifici. La remissione in bonis cambia completamente il quadro, ma quali sono i limiti di questo nuovo “salvagente”?
1) Il Sismabonus
Il Sismabonus è un’agevolazione fiscale introdotta dal DL 63/2013, che prevede un plafond di spesa massima pari a 96.000 euro per ogni unità immobiliare sulla quale vengono effettuati interventi volti ad aumentarne la sicurezza strutturale. Le percentuali di detraibilità delle spese sostenute variano dal 70 al 85% a seconda del tipo di edificio e dell’efficacia antisismica dell’intervento. Qualora ricorrano tutte le condizioni previste dal decreto Rilancio (DL 34/2020), poi, dette percentuali possono arrivare a toccare la soglia limite del 110% (c.d. “Super” Sismabonus), ma solo se le spese sono sostenute entro il 31/12/2023.
Ipotizziamo il caso di una palazzina formata da 10 unità immobiliari per la quale una società ha presentato una SCIA per demolizione e ricostruzione con ampliamento volumetrico, senza depositare – prima dell’inizio dei lavori – l’allegato B. Ipotizziamo inoltre che il progetto preveda, post ricostruzione, il sorgere di 20 unità.
Prima della conversione in legge del DL 11/2023, che ha istituito la remissione in bonis in questo ambito, risultando mancante l’allegato B, l’impresa avrebbe avuto accesso solo alle detrazioni della famiglia “ecobonus”, con percentuali variabili dal 50 al 65%.
Con la remissione in bonis, invece, l’impresa potrà accedere anche alle detrazioni Sismabonus e potrà farlo in due modi alternativi:
- beneficiare del Sismabonus ordinario riservato alle imprese (DL 63/2013, art. 16, co. 1 quater-1 quinquies), con possibilità di detrarre in 5 anni l’85% di 96.000 euro calcolati sul numero di unità immobiliari “di partenza”, ovvero 10, per un totale di 816.000 euro di detrazione;
- mettere a disposizione degli acquirenti delle unità la detrazione denominata Sismabonus-acquisti (DL 63/2013, art. 16, co. 1-septies) equivalente al 85% di 96.000 euro per ogni unità immobiliare risultante nello stato ricostruito dell’immobile, ovvero 20, per un totale di 1.632.000 euro da detrarre.
2) Come si effettua la remissione in bonis
Nel caso del Sismabonus, la remissione in bonis si attua in due fasi distinte:
- presentando in comune il modello B mancante;
- pagando la sanzione di 250 euro a mezzo F24.
Questo in teoria. In pratica le attività e le verifiche da compiere sono molteplici.
Occorre prima verificare che dal punto di vista edilizio la pratica sulla quale si intende intervenire possieda i necessari requisiti temporali.
Ad esempio, per poter fruire del Sismabonus, il titolo edilizio deve essere stato rilasciato successivamente al 1° gennaio 2017 (indipendentemente dalla data di inizio della procedura autorizzatoria) come confermato dal parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del 9/8/2021. Se risulta rilasciato antecedentemente a tale data la remissione in bonis non produce i suoi effetti.
Bisogna anche verificare che l’istituto sanante sia realmente necessario. Il modello B, infatti, doveva essere consegnato contestualmente alla richiesta del titolo abilitativo solo per le pratiche antecedenti al 16 gennaio 2020. Dopo tale data, il modello B è da presentarsi “tempestivamente e comunque prima dell’inizio dei lavori”. Una tempistica un po’ meno stringente confermata anche dalle Entrate nella risposta a interpello n. 240/2021. Quindi, se l’iter edilizio è stato avviato dopo il 16 gennaio 2020 ma i lavori non sono iniziati, la remissione in bonis non serve: è sufficiente presentare il modello B, ora per allora, prima di comunicare in Comune l’inizio effettivo dei lavori.
Infine, bisogna accertare che sia tecnicamente possibile predisporre il modello B. Non è detto, cioè, che i professionisti siano disponibili a farlo e non è nemmeno detto che sia possibile risalire alle caratteristiche originarie dell’edificio nello state ante se i lavori sono già iniziati.
È indispensabile, poi, controllare che non sia stata presentata la pratica sulla fine dei lavori: la remissione sana l’omessa presentazione del solo modello B, non anche dei modelli B-1 e B-2 di competenza del direttore dei lavori e del collaudatore statico.
3) “Super” Sismabonus al 110%
Qualora ricorrano i requisiti, la remissione in bonis può consentire di far rientrare l’intervento anche nella disciplina agevolativa prevista dal Superbonus.
È il caso tipico degli interventi condominiali per i quali è stata presentata in fretta la CILAS entro il 25 novembre 2022 per non incorrere nel passaggio dal Superbonus 110% al 90% (art. 119, com. 9, lett. a) e d-bis) del Decreto Rilancio), prevedendo l’esecuzione di opere di efficientamento energetico e di riduzione del rischio sismico ma, per oggettiva impossibilità di completare la progettazione esecutiva entro il medesimo termine, il progettista ha optato per rinviare la presentazione del modello B alla data di inizio lavori.
In tale circostanza occorre tener presente che la CILA, la comunicazione di inizio lavori asseverata disciplinata dall’art. 6 bis del Testo unico Edilizia, della quale la CILAS introdotta dall’art. 33 del DL 77/2021 altro non è che una versione semplificata dedicata al Superbonus, è già di per sé una comunicazione di inizio lavori. Quindi, nonostante i moduli messi a disposizione consentano di indicare una data di inizio lavori differita, si ritiene prudenziale ricorrere alla remissione in bonis in tutti i casi in cui non sia stato presentato il modello B contestualmente alla CILAS.
4) La remissione in bonis non sana gli errori
Le scadenze perentorie che hanno caratterizzato i bonus edilizi hanno spesso determinato errori procedurali diversi dalla mancata allegazione del modello B.
Sono frequenti i casi in cui detto modello è stato presentato incompleto, ad esempio senza compilare la parte relativa alla congruità dei costi o senza allegare la relazione che dimostra la riduzione del rischio sismico.
La remissione in bonis introdotta dal DL 11/2023 per il modello B, però, è concessa al contribuente per sanare la mancata “presentazione nei termini dell’asseverazione di efficacia degli interventi per la riduzione del rischio sismico di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 58 del 28 febbraio 2017, ai fini delle detrazioni fiscali di cui all’articolo 16, commi 1-quater, 1-quinquies e 1-septies, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63”.
Quindi, l’istituto riguarda espressamente l’obbligo di presentazione del modello, e se questo è stato presentato incompleto o errato, è lecito ritenere che l’istituto non sia applicabile.