Nella responsabilità per i difetti delle opere edilizie, la giurisprudenza italiana ha sempre distinto tra vizi riconoscibili attraverso la normale diligenza tecnica e vizi che, per la loro natura, rimangono nascosti nella struttura del materiale o nelle sue modalità di produzione.

Le responsabilità del direttore dei lavori

È un principio consolidato secondo cui il direttore dei lavori risponde verso il committente solo quando la difformità dell’opera deriva da omissioni che rientrano nell’ambito del controllo che egli può e deve esercitare. Non si tratta di un garante universale e la Suprema Corte ha più volte chiarito che il direttore dei lavori non è tenuto a individuare ciò che non è oggettivamente rilevabile senza indagini specialistiche. Proprio per questo, nonostante venga quasi automaticamente coinvolto in ogni controversia edilizia, non sempre la sua responsabilità è configurabile.

Una conferma autorevole giunge dal Tribunale di Messina, con la sentenza n. 2065/2025 del 15 novembre 2025, che affronta un caso emblematico in cui un edificio di recente ricostruzione si è rivelato strutturalmente inidoneo a causa di un calcestruzzo gravemente difettoso. La gravità dei risultati delle prove strumentali aveva portato alla conclusione che l’unica soluzione possibile fosse la demolizione dell’intero fabbricato. Tuttavia, pur di fronte a un esito così estremo, il giudice ha escluso qualsiasi responsabilità in capo al direttore dei lavori, riconoscendo che il vizio era completamente occulto e non rilevabile con la normale vigilanza.

La vicenda parte da un intervento di ricostruzione realizzato con un calcestruzzo che, a lavori conclusi, ha restituito valori di resistenza ben lontani da quelli di progetto. Le prove eseguite in sede di CTU hanno messo in luce un quadro decisamente compromesso. Come scrive il consulente, “l’interpretazione delle prove di schiacciamento su carote […] ha fornito valori della resistenza media cubica compresi nell’intervallo (50÷162) daN/cm², notevolmente inferiori rispetto al valore di progetto”.

Un materiale così debole non poteva garantire il minimo livello di sicurezza richiesto dalla normativa antisismica e, secondo la consulenza, l’opera era priva dei requisiti indispensabili per essere utilizzata. Il giudice recepisce tale conclusione, rilevando che la compromissione era tale da rendere necessaria la demolizione integrale dell’edificio.

Il calcestruzzo difettoso e la natura “invisibile” del vizio

Le indagini hanno individuato le ragioni profonde del difetto, mostrando un insieme di criticità difficilmente rilevabili dall’esterno. Il calcestruzzo risultava già indebolito alla fonte, poiché le resistenze misurate erano sistematicamente inferiori ai valori dichiarati nei documenti di accompagnamento. Si aggiungevano poi tempi di trasporto eccessivi, spesso di cinque o otto ore, incompatibili con la corretta lavorabilità del materiale. Una volta in cantiere, il calcestruzzo veniva trasferito da una prima autobetoniera a un mezzo più piccolo e da questo alle casseforme tramite scivoli di fortuna.

Durante queste operazioni, come osserva la sentenza, “il calcestruzzo, giunto sul posto di getto in condizioni precarie dal punto di vista della lavorabilità, è stato riversato sugli scivoli sicuramente in concomitanza con acqua”, alterando il rapporto acqua-cemento e favorendo la dispersione di cemento.

Il materiale manteneva un aspetto esteriore apparentemente normale, ma la sua struttura interna era irrimediabilmente compromessaNessun direttore dei lavori avrebbe potuto accorgersene senza prove distruttive o analisi di laboratorio, che esulano dalla vigilanza ordinaria e non possono diventare un requisito generalizzato.

Le responsabilità dell’impresa esecutrice

La sentenza, pur assolvendo il direttore dei lavori, individua chiare responsabilità in capo all’impresa. È l’esecutore, infatti, il soggetto che risponde della correttezza dei materiali impiegati e delle modalità con cui questi vengono messi in opera. Nel caso esaminato, l’impresa ha utilizzato un calcestruzzo già non conforme in origine e lo ha ulteriormente compromesso attraverso un trasporto inadeguato, attese eccessive e procedure di movimentazione non corrette.

La filiera del materiale risultava completamente sotto il suo controllo e proprio da tale filiera sono derivate le criticità che hanno minato la sicurezza dell’intero edificio. È un principio noto, ma spesso trascurato nelle aule di tribunale: la responsabilità del direttore dei lavori non si sovrappone a quella dell’impresa, né può sopperire a scelte e condotte che attengono alla sfera esclusiva dell’esecutore. Nel caso di Messina, l’impresa non è stata in grado di garantire la conformità del calcestruzzo né di adottare modalità di posa idonee, ed è su questo fronte che la decisione concentra le sue conclusioni.

La decisione: il direttore dei lavori non è un garante universale

Il Tribunale ribadisce che il direttore dei lavori risponde solo dei vizi riconoscibili con la normale diligenza tecnica. Nel caso esaminato, nessun elemento della condotta del direttore dei lavori lasciava presumere negligenza o carenza di controllo. Il difetto era totalmente interno al materiale e non individuabile senza indagini specialistiche. La sentenza richiama un principio fondamentale: il direttore dei lavori risponde quando il risultato insoddisfacente deriva da carenze nei controlli che gli sono proprinon quando il vizio è occulto. La sua funzione non si estende alla garanzia intrinseca dei materiali né alla verifica chimico-meccanica del calcestruzzo. È un limite fisiologico della sua attività, che non può essere interpretato in senso estensivo o punitivo.

È per questo che, pur essendo coinvolto quasi automaticamente in ogni contenzioso edilizio, il direttore dei lavori non può essere considerato responsabile ogni volta che si riscontrano gravi difetti dell’opera. Il caso di Messina lo dimostra con particolare forza, e rappresenta un richiamo utile per tutti gli operatori: non ogni errore è riconducibile alla direzione lavori, e non ogni vizio è rilevabile da chi ha compiti di sorveglianza tecnica.