Nel mio condominio un general contractor ha abbandonato il cantiere per motivi legati ai bonus edilizi, ovvero perché – a suo dire – non riusciva a vendere i crediti fiscali derivanti dall’intervento. Ne è nato un contenzioso che, dopo mesi di mediazione civile (alla quale hanno partecipato anche i tecnici che avevano seguito i lavori, che in realtà erano di fiducia del GC), si è concluso con un accordo: l’impresa avrebbe sgomberato l’edificio da macerie e apprestamenti, smontato i ponteggi e rinunciato a qualsiasi pagamento, in compensazione del danno da perdita di chance arrecato al condominio.

Ora però si pone il problema di completare e sistemare l’edificio. La copertura è stata rifatta, ma le facciate sono state interessate dalla demolizione di ampie porzioni di intonaco ammalorato. Occorre quantomeno ripristinare le condizioni originarie o, meglio, procedere con il cappotto termico. Possiamo rinunciare agli impianti, che erano stati inseriti solo per accedere al 110%, ma il resto delle lavorazioni è necessario. Come dobbiamo muoverci, dal punto di vista tecnico, anche considerando che non abbiamo più un direttore dei lavori, in quanto legato al GC e dimessosi con lui?

L’esperto risponde

Negli ultimi anni, complice la corsa ai bonus edilizi, i casi di inadempimento o di abbandono dei cantieri hanno raggiunto livelli mai visti. La frequenza di situazioni simili è stata acuita da contratti d’appalto spesso sbilanciati a favore dell’impresa, dalla fretta di cogliere le opportunità fiscali e, non di rado, da rapporti di fiducia mal riposti verso strutture organizzate ma poco trasparenti. In contesti come questi, i problemi non sono soltanto legali o risarcitori, ma anche – e forse soprattutto – tecnici. Occorre capire come riprendere correttamente i lavori qualora questi si interrompano, ricostruire il quadro delle autorizzazioni e dei soggetti coinvolti, e riportare l’immobile a uno stato conforme e sicuro. Tralasciando per un momento gli aspetti giuridici e fiscali legati alla mancata conclusione dell’intervento, per rispondere al quesito occorre concentrarsi su ciò che serve concretamente per poter ripartire, senza commettere gli stessi errori.

La prima cosa da fare è l’accesso agli atti

Ancor prima di avviare il contenzioso con l’appaltatore, è fondamentale effettuare un accesso agli atti presso gli uffici competenti, in primo luogo il Comune, per recuperare i progetti depositati e i titoli edilizi che hanno legittimato l’intervento, con tutti i relativi allegati tecnici. Si tratta di un passaggio imprescindibile, anche quando si disponga già di copie digitali della CILAS, della SCIA o del permesso di costruire, perché solo così si può verificare cosa sia stato effettivamente autorizzato, in quale forma e da chi.

L’accesso agli atti serve anche a chiarire un aspetto spesso sottovalutato: chi sono i tecnici formalmente responsabili dell’iter edilizio. Nel caso in esame si fa riferimento a un direttore dei lavori, ma nelle pratiche di questo tipo possono essere coinvolti più soggetti, con ruoli distinti: un direttore dei lavori strutturali, uno per le opere energetiche, un coordinatore per la sicurezza, un progettista architettonico e, talvolta, altri professionisti. In molti cantieri seguiti da general contractor, questi potrebbero essere legati più all’impresa che al committente, e ciò rende complessa la gestione della fase successiva. Quindi occorre che il condominio sia a conoscenza del proprio team e valuti chi mantenere e chi sostituire.
Con l’accesso agli atti si ottiene la “prova certa” di ciò che è stato autorizzato e la mappa completa delle professionalità coinvolte. È un passaggio che consente di ripartire con il piede giusto, evitando di dover ricostruire a memoria o sulla base di documenti informali la storia tecnica e amministrativa dell’intervento.

Un occhio alle opere effettuate

Una volta acquisita la documentazione e accertata la cessazione dell’incarico del direttore dei lavori, come accennato dal lettore, il condominio dovrà nominare un consulente di propria fiducia. È un passaggio che è sempre utile anche nella fase contenziosa, come tecnico di parte, ma che risulta ancora più indispensabile ora per poter procedere con cognizione di causa. Questa nuova figura, che potrà agire come consulente “temporaneo”, o divenire poi lui stesso il nuovo DL, dovrà analizzare i documenti, esaminare le opere eseguite e verificarne la conformità rispetto ai progetti depositati, ai computi metrici e al contratto d’appalto. Questa attività non è meramente ricognitiva, ma rappresenta un momento tecnico-giuridico essenziale per delimitare le responsabilità pregresse e per evitare che le nuove lavorazioni si sovrappongano in modo confuso a quelle già realizzate.

Sarà quindi necessario redigere un verbale di consistenza o, meglio, una vera e propria perizia di stato dei luoghi, che “fotografi” in modo oggettivo lo stato attuale del cantiere. Tale documento, se ben elaborato, costituisce un quadro tecnico-probatorio completo dell’immobile, in grado di descrivere cosa è stato fatto, cosa manca e in che condizioni si trovano le parti già eseguite. La perizia, corredata dai suoi allegati – rilievi e tavole aggiornate, reportage fotografico, computo metrico estimativo delle lavorazioni residue, capitolato prestazionale, cronoprogramma e, ove occorra, stima dei costi di ripristino – assume la funzione di allegato contrattuale del nuovo contratto d’appalto, diventando il riferimento vincolante per contabilità, SAL, collaudi, varianti e penali.

La perizia dovrà essere presentata all’assemblea condominiale, non solo per informare i condomini, ma per fondare le nuove scelte su un documento oggettivo e verificabile. Fare tutti i lavori che erano previsti inizialmente, oppure – venuto meno il superbonus – stralciarne alcuni; e a fronte di quali costi e con quali tempi. È importante ricordare che questa fase non è solo burocratica, ma rappresenta un atto di tutela: senza un rilievo preciso della situazione, ogni passo successivo rischia di poggiare su basi fragili.

L’importanza della perizia tecnica

La perizia tecnica è dunque lo strumento più efficace per guidare la ripartenza di un cantiere interrotto. Senza di essa ogni intervento successivo si espone al rischio di fraintendimenti e di nuovi contenziosi, con la concreta possibilità di cadere dalla padella nella brace.

Le situazioni che si incontrano nella realtà sono spesso più complesse del caso descritto. Può accadere, ad esempio, che alcune lavorazioni siano state eseguite in modo non conforme o con materiali non idonei; in questi casi il tecnico dovrà valutare la qualità dell’esecuzione e proporre i rimedi necessari, indicando gli interventi correttivi indispensabili per sicurezza e durabilità.

Altre volte ci si trova di fronte a lavorazioni parzialmente completate, come un cappotto termico iniziato e mai terminato, che a distanza di mesi o anni richiede pulizia, consolidamento e applicazione di primer per garantire l’adesione dei nuovi materiali di finitura. Oppure si rinvengono materiali a piè d’opera, da controllare nella loro effettiva idoneità all’uso e nella rispondenza ai requisiti tecnici originari. La perizia deve essere quindi redatta con estrema cura, facendo ricorso non solo a stime e computi, ma anche a fotografie, rilievi, schemi e ogni altra documentazione utile a evitare zone d’ombra; in sostanza agisce come cerniera tecnica tra la gestione uscente e quella subentrante, presidia l’interfaccia tra le imprese e consente di riprendere i lavori su basi chiare.

Solo dopo aver coperto questa zona grigia, e aver ricostruito con chiarezza ciò che è stato fatto e ciò che manca, sarà possibile riprendere in modo ordinato e sicuro, aggiornando i progetti ove necessario e integrandoli fino a renderli pienamente esecutivi.