Quando si tratta di lavori per i quali si intende beneficiare dei bonus fiscali messi a disposizione dallo Stato, in particolare del Superbonus, c’è poco da scherzare.

L’Agenzia delle Entrate è sempre pronta al recupero tributario e l’ENEA è preposta alla verifica della documentazione tecnica e dei lavori.

Poi ci sono i professionisti che, quando asseverano la correttezza della procedura e il rispetto dei requisiti tecnici, devono farlo avendo ben presenti le loro responsabilità civili, penali e deontologiche. Il comma 13-bis.1 nell’art. 119 del D.L. 34/2020 (in vigore dal 29.3.2022) recita infatti: “Il tecnico abilitato che, nelle asseverazioni di cui al comma 13 e all’articolo 121, comma 1-ter, lettera b), espone informazioni false o omette di riferire informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto di intervento o sulla effettiva realizzazione dello stesso ovvero attesta falsamente la congruità delle spese è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 euro a 100.000 euro. Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri la pena è aumentata.”.

È evidente dunque che, nel caso in cui le caratteristiche dei materiali utilizzati risultassero diverse da quelle dichiarate in progetto, si ricadrebbe nel caso delle “informazioni false” o delle omissioni sui “requisiti tecnici” di cui al comma precedente, con tutte le conseguenze del caso per il professionista, che rischia la galera.

Conseguenze non solo per il professionista ma anche per il committente

L’utilizzo di materiali per i quali, in sede di controlli, dovessero essere dimostrate performance diverse da quelle dichiarate è causa di decadenza dai benefici fiscali.

Ad oggi infatti, in assenza di chiarimenti ufficiali, occorre prendere alla lettera i punti elencati all’art. 119 del decreto rilancio, che statuisce “”la decadenza del beneficio fiscale previsto dall’articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 opera esclusivamente nei seguenti casi:

a) mancata presentazione della CILA;

b) interventi realizzati in difformità dalla CILA;

c) assenza dell’attestazione dei dati di cui al secondo periodo;

d) non corrispondenza al vero delle attestazioni ai sensi del comma 14.”

Pertanto se viene allegata alla CILAS una relazione ex legge 10/91 nella quale si indica l’esecuzione di un cappotto di un certo spessore in base a una certa trasmittanza del materiale utilizzato e quest’ultimo dato dovesse risultare “errato”, è evidente che si ricadrebbe nel punto b di cui sopra, con conseguente recupero degli importi di cui si è beneficiato e sanzioni.

In altre parole, pur non sapendo bene come si svolgeranno i controlli, si potrebbe cadere in un vero e proprio ginepraio giudiziario, perché si potrebbe innescare la seguente procedura:

– 1. La pratica viene sottoposta a controllo (da parte di AdE o di ENEA)

– 2. I tecnici di ENEA, magari attratti dalle prestazioni rivoluzionarie di alcuni materiali isolanti potrebbe entrare nel merito e verificare non solo le certificazioni, ma anche le effettive prestazioni in opera

– 3. Laddove tali prestazioni risultassero non soddisfacenti, ricadendo nel p.to b di decadenza, al proprietario (persona fisica o condominio) verrebbe chiesto indietro l’importo indebitamente fruito mediante le detrazioni fiscali, con interessi e sanzioni. Di conseguenza:

3.1. Il proprietario valuterà se contestare tale recupero in sede tributaria ma, in ogni caso, è probabile che deciderà di rivalersi sull’impresa esecutrice che ha fornito i materiali contestati e sui professionisti che li hanno accettati in cantiere

3.3. Professionisti e impresa, a loro volta, citeranno in giudizio la ditta fornitrice/produttrice dei materiali fasulli.

Si tratta chiaramente di una semplificazione che però rende l’idea della complessità del contenzioso che si verrebbe a creare, che vedrebbe, sempre e comunque, il proprietario dell’immobile al centro del ciclone, con attorno una miriade di altri soggetti responsabili in solido.

Cosa emerge dallo studio dell’Università di Genova

In base a un documento rinvenibile sul web, scaricabile da vari siti specializzati, il dipartimento di Ingegneria Meccanica della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, è stato incaricato dalla Fondazione Ordine Ingegneri della Liguria, di svolgere una ricerca dal titolo “Efficacia delle miscele nanotecnologiche con microsfere ceramiche a granulometria variabile commercializzate per l’isolamento termico a basso spessore (da 2 a 10 mm) degli edifici ai fini della riduzione dei consumi energetici”.

Al report del suddetto studio è allegata una nota della suddetta Fondazione, volta a mettere in guardia il professionista dall’utilizzo di materiali innovativi senza prima svolgere le necessarie prove sperimentali “Una verifica sperimentale di questo tipo (costo ~ 2000 – 4000 €), eseguita caso per caso da parte dei professionisti, offrirebbe loro una maggior tutela nei confronti delle responsabilità civili, penali e deontologiche che assume nel progettare, dirigere e asseverare gli interventi del super ecobonus 110%”.

Lo stesso report conclude quanto segue: “l’esito del test ha evidenziato che nessun effetto di significativo aumento delle prestazioni termiche in isolamento e della riduzione dei disperdimenti energetici dell’involucro può essere attribuito alla malta rasante utilizzata, che si precisa essere stata acquisita sul mercato in modo casuale, tra i prodotti aventi caratteristiche simili a quelle indicate nel prezzario DEI, così da non identificare un determinato marchio di fabbrica ed evitare speculazioni o generalizzazioni.

Ciò non esclude che possano esservi sul mercato prodotti con prestazioni maggiori, ma, a valle di questa sperimentazione, è acclarato che possono esistere casi in cui il risparmio energetico previsto a progetto, basato sui valori di conducibilità delle miscele nanotecnologiche dichiarati dal produttore, non trovi poi conferma reale nell’opera finita”.