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Superbonus 110% e nuovi condomini: accortezze prima dei lavori


L’art. 119 del Decreto Rilancio consente un orizzonte temporale più ampio per condomini ed edifici plurifamiliari. Quali accortezze prima dei lavori?

L’art. 119 del D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio) ha previsto l’importante detrazione fiscale del 110% (superbonus) per interventi di riqualificazione energetica e riduzione del rischio sismico.

Superbonus 110%: l’orizzonte temporale

In attesa che il Parlamento si chiarisca le idee sul futuro di questa detrazione fiscale, è opportuno ricordare l’attuale vigenza per i diversi soggetti beneficiari, prevista per tutti al 30 giugno 2022 ad eccezione:
dei condomini – 31 dicembre 2022;
degli edifici plurifamiliari da 2 a 4 u.i. posseduti unica persona fisica o in comproprietà tra più persone fisiche – 30 giugno 2022 con possibilità, se a questa data viene completato il 60% del SAL, di arrivare al 31 dicembre 2022;
IACP (lettera c) – 30 giugno 2023 con possibilità, se a questa data viene completato il 60% del SAL, di arrivare al 31 dicembre 2023.

Sismabonus 110%: le differenze tra unifamiliare e condominio

Limitando questo approfondimento agli edifici unifamiliari ed ai condomini, oltre alla differenza nell’orizzonte temporale, cambiano notevolmente anche i limiti di spesa.
Da una parte per l’edificio unifamiliare abbiamo un orizzonte temporale al 30 giugno 2022, un limite di spesa di 96.000 euro ma anche meno dubbi su quali siano le spese che è possibile ammettere a superbonus.
Dall’altra, nel caso di edificio plurifamiliare con diverse proprietà (anche solo due), se vi sono i presupposti di “condominialità”, l’orizzonte temporale arriva direttamente a fine 2022 e abbiamo un effetto moltiplicatore pari al numero delle unità immobiliari. Ma in questo caso possono nascere seri dubbi su quali siano le spese da portare in detrazione.
Caso tipico, spesso sottoposto alla nostra redazione, è quello delle villette a schiera. Ne ho parlato in questo articolo.

Villette a schiera: quando è condominio

Domanda – Un edificio costituito da un insieme di villette a schiera può essere costituito in condominio e quindi fruire delle scadenze lunghe del Superbonus?
Dipende. In questa materia tutto dipende.
Dipende da come sono costruite le villette, da come sono conformate, da come sono utilizzate.
Dipende soprattutto dalla finalità dell’operazione. Se la finalità è quella di organizzare meglio la gestione dell’edificio, ad esempio per ripartire le spese di manutenzione, ovvero se è indipendente dal Superbonus, allora basta individuare una qualunque parte comune e avviare le procedure per la costituzione del condominio, che sono molto semplici.
Se le unità sono più di otto bisogna che i proprietari si riuniscano in assemblea, decidano il nome del condominio, nominino un amministratore ed aprano il codice fiscale. Se invece le unità immobiliari sono meno di 8 (condominio minimo), che è uno dei casi più frequenti in Italia, la procedura è ancora più snella, non essendo necessario nemmeno il codice fiscale.
Se la finalità è diversa, ovvero se si è alla ricerca di elementi di condominialità per estendere l’orizzonte temporale del Superbonus, le cose sono un po’ più delicate.
La procedura per costituire il condominio ovviamente resta la stessa, ma diventa molto più importante fare un’analisi dell’edificio nello stato ante e individuare le “parti comuni” quelle che, nell’ambito della pratica di Superbonus, potranno godere del 110%.
Della serie… Se si costituisce il condominio solo perché c’è una falda in comune ha poco senso: si amplierebbe l’orizzonte temporale ma non si saprebbe dove e come spendere il plafond disponibile, in assenza di parti comuni.
Proviamo ad approfondire riferendoci al Super Sismabonus, che è l’incentivo forse più interessante da questo punto di vista, in quanto prevede un moltiplicatore puro del massimale di spesa. Se il condominio è composto da 2, 5, 10 unità immobiliari i 96.000 si moltiplicano direttamente per 2, 5, o 10. Nell’ecobonus invece è previsto un massimale decrescente in funzione del numero di unità.
Ogni caso deve essere valutato singolarmente e con l’aiuto di un tecnico esperto, capace di inquadrare correttamente tutti gli aspetti e la presenza di parti comuni strutturali, sulle quali “spendere” il gruzzoletto.
Tornando alla domanda quindi SI, un edificio costituito da un insieme di villette a schiera può essere costituito in condominio e può fruire delle scadenze lunghe del Superbonus volute dal Governo Draghi. Il condominio che si ricava si chiama “orizzontale” ed è stato recentemente descritto anche da una sentenza della Corte di Cassazione (Cass. 3 maggio 2019 n. n.11729), che ha statuito quanto segue: “La condominialità non è esclusa per il solo fatto che le costruzioni siano realizzate, anziché come porzioni di piano l’una sull’altra (condominio verticale), quali proprietà singole in sequenza (villette a schiera, condominio in orizzontale), poiché la nozione di condominio è configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, ove dotati delle strutture e degli impianti essenziali indicati dall’art. 1117 c.c.”.

Condominio e parti comuni: le spese in detrazione

Domanda – Quali sono gli elementi tecnici da prendere in considerazione per decidere se un edificio costituito da villette a schiera può fruire del Sismabonus in modo “condominiale”?
Il Sismabonus, ormai è chiaro a tutti, è un incentivo fiscale finalizzato alla EFFETTIVA, CONCRETA e QUANTIFICABILE, riduzione del rischio sismico degli edifici esistenti. Tale riduzione di rischio (aumento di sicurezza) può essere ottenuta seguendo due strade alternative: la demolizione e ricostruzione oppure la ristrutturazione con miglioramento antisismico. Quindi bisogna fare un’analisi molto attenta della struttura che costituisce l’edificio di partenza e del processo costruttivo che lo ha generato.
A tale proposito, come ha ricordato più volte il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nei vari pareri che ha emesso a riguardo del Sismabonus, ciò che conta è l’unità strutturale. Quindi il tecnico dovrà capire dove la struttura inizia e dove, senza discontinuità, finisce. Fin dove c’è continuità strutturale ci sono parti comuni che possono giustificare – anzi, sarebbe più giusto dire che determinano – condominialità.
Normalmente le parti comuni strutturali, nelle case a schiera, sono i muri divisori tra le varie unità, soprattutto se essi risultano portanti nei confronti dei solai di piano o di copertura. Anche le fondazioni di detti muri divisori sono sempre parti comuni strutturali, mentre le pareti perimetrali (giuridicamente denominate “facciate”) devono essere valutate caso per caso.
Sull’inquadramento delle facciate e dei muri perimetrali si è espressa anche la Corte di Cassazione (Cass. civ. n. 945/1998) dicendo che “la facciata di prospetto di un edificio rientra nella categoria dei muri maestri ed, al pari di questi, costituisce una delle strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato, sicché, nell’ipotesi di condominialità del fabbricato, ai sensi dell’art. 1117 c.c, n. 1, ricade necessariamente tra le parti oggetto di comunione fra i proprietari delle diverse porzioni dello stesso e resta destinata indifferenziatamente al servizio di tutte tali porzioni, con la conseguenza che le spese della sua manutenzione devono essere sostenute dai relativi titolari in misura proporzionale al valore delle rispettive proprietà”.

La condominialità in un complesso a schiera

Domanda – Quindi, con riferimento alla condominialità di un complesso di case a schiera e al Sismabonus, le valutazioni devono essere svolte solo in merito agli aspetti strutturali?
Assolutamente no. Bisogna distinguere l’ambito progettuale, da quello fiscale e da quello civilistico. Non è facile, mi rendo conto. Anche perché sono ambiti distinti ma interagenti tra loro.
Sul piano progettuale vale quanto ho detto un attimo fa. Sostanzialmente il gioco consiste nell’individuazione dell’unità strutturale e nelle valutazioni conseguenti finalizzate al miglioramento sismico. Ci sarebbe molto da parlare a tale proposito, distinguendo il caso degli interventi locali dagli altri, come ci ha insegnato la Commissione di Monitoraggio del Sismabonus, ma andremmo fuori tema, magari ne riparleremo in un’altra occasione.
Sul piano fiscale valgono le regole del 110% che ha dettato l’Agenzia delle Entrate, quindi si tratta di valutare i requisiti dei proprietari, facendo visure aggiornate sia catastali sia presso la conservatoria dei registri immobiliari. Poi è opportuno controllare la categoria catastale degli immobili e fare un piano economico per capire se gli interventi previsti sul piano progettuale sforano i massimali fiscali disponibili (ecco un esempio di interazione progettuale/fiscale).
Il piano civilistico forse è il più complesso. Per quanto riguarda la sussistenza del requisito di condominialità vale la regola generale per cui se l’edificio ha parti e/o impianti funzionalmente destinati all’uso comune e al godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, allora può essere costituito in condominio. Poi sappiamo bene che il condominio “sorge ipso iure et facto, e senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni” (così Cass. 4 ottobre 2004, n. 19829).
Le “parti” di cui parla la giurisprudenza possono essere le più svariate: una fognatura, una grondaia, un piazzale, oltre ovviamente alle strutture.
Ma chi ne attesta la reale esistenza? Chi se ne assume la responsabilità? Soprattutto, se l’edificio è destinato a opere di trasformazione profonda o, addirittura di demolizione e ricostruzione, come si fa un domani a documentare lo stato ante dal punto di vista della preesistenza delle parti comuni?
Non dimentichiamoci infatti che per l’Agenzia delle Entrate, (circ. 25.6.2021 n. 7, p. 300), “il contribuente è tenuto, in sede di controllo, a dimostrare che gli interventi sono stati effettuati su parti comuni dell’edificio.”
Significa che, in caso di controllo, si è colpevoli fino a prova contraria.
È su questo punto che inviterei a usare qualche attenzione in più.
Il primo consiglio è sicuramente quello di incaricare un professionista che metta nero su bianco, possibilmente mediante una perizia giurata, l’esistenza e la collocazione delle parti comuni (strutturali e non) e che ne faccia un riparto in quote di proprietà. Questa operazione deve indagare non solo gli aspetti “fisici” dell’edificio, ma deve fare riferimento anche ai “titoli”, ovvero agli atti di acquisto, che pertanto devono essere reperiti, anche se vecchi. Deve inoltre tener conto di tutta una stratificazione di sentenze che riguardano l’argomento. Ad esempio, non so se sapevate, costituiscono parte comune ex art. 1117 c.c., (in assenza di diverse disposizioni risultanti dal titolo o dal regolamento), anche i muri di testa di un complesso di case a schiera, anche se non portanti. Lo ha stabilito una sentenza della Corte d’Appello di Campobasso, la n. 318/2014, basandosi su una serie di Cassazioni relative all’argomento.
Poi, senza dubbio, andrei da un notaio. Non è obbligatorio ma la forma dell’atto pubblico, quantomeno per l’approvazione delle tabelle millesimali con allegata la perizia di cui sopra, offre garanzie maggiori, in termini di datazione dei documenti e, in un certo senso, di ufficialità della costituzione. Tanto più se l’intervento prevede opere di demolizione e ricostruzione di parti del condominio. In tal caso, sempre con atto notarile, sarebbe opportuno che i proprietari stipulassero un contratto con cui si impegnano alla futura ricostruzione e divisione dell’edificio che, se ci pensiamo bene, per un lasso di tempo cessa di esistere, insieme al condominio da cui era partito tutto il ragionamento. Passaggi delicati…

I criteri per gli aggregati edilizi

Domanda – Gli stessi criteri valgono anche per gli aggregati edilizi?
Assolutamente si. Aggregati edilizi e case a schiera sono parenti stretti. Quindi stessi ragionamenti in merito all’individuazione delle parti comuni necessarie per costituire il condominio e ricerca di unità strutturale e di parti comuni per valutare la convenienza e l’estensione del Sismabonus.
La differenza tra aggregati edilizi e case a schiera sta solitamente nel processo costruttivo che, per gli aggregati, è frutto di trasformazioni progressive e di aggiunte di parti su parti. Le case a schiera invece (tipologia architettonica più recente) sono solitamente frutto di una realizzazione avvenuta in una fase unica, quindi con strutture in continuità, in cemento armato o in muratura.
Per dirla con altre parole nel caso degli aggregati è più facile trovare discontinuità costruttive (murature non ammorsate, solai orditi in modo parallelo alle pareti divisorie o materiali diversi) tali da consentire il frazionamento dell’edificio in più unità strutturali. Nel caso degli edifici a schiera, al contrario, l’unicità del processo costruttivo rende più difficile l’individuazione di giunti e quindi l’unità strutturale coincide quasi sempre con l’intero edificio. Ne deriva che anche l’eventuale condominio dovrà raggruppare tutte le unità a schiera.
Quanto detto finora vale tanto per i grandi quanto per i piccoli complessi immobiliari (a schiera o in aggregato), anche se composti da solo due unità immobiliari. Queste ultime sono le tipiche bifamiliari padre/figlio, molto frequenti nei nostri paesi.

Massimali per unifamiliari e condomini

Domanda – Riassumendo, secondo lei, per quale motivo molti italiani stanno valutando la costituzione di condomini di case a schiera? In fondo i massimali derivanti dal Sismabonus sono gli stessi che si avrebbero con un approccio per singole unità immobiliari…
Oltre all’estensione dei limiti temporali, di cui abbiamo parlato in apertura, c’è un altro grande, anzi grandissimo, vantaggio. Lo spiego con un esempio.
Consideriamo 10 unità immobiliari a schiera, 10 modeste casette le une attaccate alle altre, ognuna con una cantinetta nel piano seminterrato.
Trattando singolarmente le varie unità ogni proprietario avrebbe disponibili 96.000euro. Totale 960.000.
Se invece, prima dei lavori, le unità venissero frazionate, accatastando le cantine in modo autonomo, ovvero creando 10 unità pertinenziali (qualora già non lo fossero) e se, ancora prima dei lavori, venisse costituito il condominio, i massimali raddoppierebbero, arrivando a sfiorare i 2mln.
Numeri da fare invidia ad esperti di finanza creativa.
Le pertinenze, infatti, diventano portatrici di un autonomo massimale di spesa solo se sono interne a un edificio condominiale, mentre sono ricomprese nell’unico massimale derivante da Sismabonus se l’unità è “unifamiliare”.

Costituzione condominio elusione fiscale?

Domanda – A proposito di Finanza… La costituzione di un condominio immediatamente prima di accedere al Superbonus non potrebbe essere visto come un tentativo di elusione fiscale?
Domanda scomoda. Come ho già avuto modo di dire, non sapendo come, quando, da chi, perché e, soprattutto, con quale filosofia, verranno effettuati i controlli, non si possono fare previsioni circa i rischi conseguenti alle scelte di oggi.
Certo, l’abuso del diritto e l’elusione fiscale, in questa materia, sono sempre dietro l’angolo.
L’elusione fiscale in particolare, per quanto ne so io, è un comportamento illecito dai profili molto molto labili, che si concretizza nel momento in cui un contribuente mette in atto una concatenazione di atti giuridici – di per sé leciti – al solo scopo di ridurre le obbligazioni tributarie.
In tema di trasformazioni degli edifici potrebbe astrattamente essere ritenuta elusiva anche la costituzione di un condominio finalizzata alla fruizione del Superbonus e all’aumento dei massimali, come descritto poco fa. Non si può escludere che un giorno o l’altro il Fisco contesti questo genere di operazioni.
Però, se devo dire la mia, faccio fatica a considerare fraudolenta la costituzione di un condominio sulla base di elementi oggettivi preesistenti, ma non sono un tributarista.
Poi mi pare evidente che l’AdE abbia già sdoganato il concetto di “trasformazione” degli edifici prima dei lavori. Lo ha fatto con molta chiarezza a proposito dei frazionamenti delle unità unifamiliari e delle donazioni a soggetti terzi prima dei lavori. Si vedano a tale proposito la risposta n.11 dello Speciale Telefisco e la Circolare 30/E.
Ha aperto quindi a forme “artificiali” di risparmio d’imposta derivanti da trasformazioni oggettive o soggettive degli edifici.
Il Superbonus in fondo è proprio questo, un gigantesco risparmio nel pagamento delle imposte.


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